30 maggio 2007

Parliamo di Beppe Grillo

M’acchita parlare in questo blog di Beppe Grillo, vertice della grande piramide che assembla le migliaia di pietre che formano un’unica ombra; lui è veramente la punta di una meridiana adatta a segnare il tempo nel nostro spazio. Beppe Grillo è il principe del blog italiano. Pensando a lui ho cercato di individuare la figura del combattente che mi sembra incarnare. Attingo l’immagine dalla storia scritta da Tito Livio quando parla della battaglia di Zama, dove Annibale fu definitivamente battuto da Scipione Africano. Raccontando di questa “pugna” Tito Livio parla di “velites”. Il dizionario latino-italiano annota quanto segue a proposito del veles: specie di soldati armati alla leggera che, collocati al di fuori delle file regolari, molestavano il nemico con i loro rapidi assalti. Provo ad identificare Beppe Grillo in un veles; ma prima di parlare espressamente del principe del blog, non resisto alla tentazione di riportare i tratti di quella battaglia che ebbe come protagonisti due generali che identifico in un duello di guerrieri il cui apparato difensivo e offensivo era addirittura un esercito di uomini.

La battaglia di Zama

Annibale e Scipione

Il libro “XXX” delle storie di Tito Livio riporta che i due eserciti (quello romano e quello cartaginese) avevano uno schieramento differenziato e, tuttavia, simmetrico. La fanteria, disposta in triplice ordine, occupava il centro; ai lati Annibale aveva disposto la massiccia mole degli elefanti i cui soli barriti bastavano a terrificare chiunque. Questo era un espediente che aveva collaudato in Italia sull'esempio di Pirro. Dietro i pachidermi c’erano i cavalieri cartaginesi. Cosa oppose quella volta Scipione Africano a queste due temibili ali? Piazzò in gruppi diradati i suoi “velites” dietro i quali c’era la cavalleria romana. In questa maniera Scipione opponeva l’agilità alla potenza: i velites erano quasi nudi e la loro unica arma era un’asta uncinata che poteva essere usata anche come fiocina. Come gli elefanti si mossero, furono subito circondati dai velites e si trovarono praticamente imprigionati nello spazio che avevano occupato. Ci fu un marasma bestiale: gli elefanti impauriti si dettero alla fuga riportandosi proprio nelle retrovie dove erano schierati i cavalieri cartaginesi e li misero in fuga.
A questo punto i cavalieri romani si misero all'inseguimento dei cavalieri cartaginesi. Rimasero in opposizione i due blocchi della fanteria; fu qui che Annibale confermò le sue doti di grande stratega. Proprio per questo Tito Livio osservava che il generale cartaginese dimostrò la sua grandezza, che nella sconfitta fu altrettanto grande quanto nelle precedenti vittorie. Al suo comando lo schieramento del primo ordine si portò verso destra, mentre quello del terzo ordine si portò a sinistra. Nel mezzo si fece avanti lo schieramento dei veterani della campagna italiana tra cui emergevano i temibili Liguri. In tal modo la fanteria romana stava proprio per essere accerchiata; a Scipione non restò altro da fare che ricorrere ad una mossa simmetrica: i suoi soldati allungarono il fronte dei militi come avevano fatto i cartaginesi, ma l’esito del combattimento era piuttosto incerto. La fortuna e, naturalmente anche il calcolo dei cavalieri che inseguivano i cartaginesi, rimediarono alla cosa: lasciarono i loro rivali già dispersi nel deserto senza completare l’inseguimento e ritornarono indietro attaccando alle spalle i soldati cartaginesi. Il combattimento finì in una strage assoluta. Riesumando tutto si può dire che fu proprio la presenza in campo dei velites che determinò la disfatta di un esercito.
Fu la vittoria dell’agilità sulla forza; una norma anche per il certamen tra due avversari, dove se non puoi opporre una forza maggiore, puoi usare una forza diversa.

N.B.
La capacità di adeguarsi ad una nuova situazione cambiando tattica di offesa o di difesa vale soprattutto nel dibattito dialettico, nel quale, il mutamento di mossa, emerge come espediente vincente.

28 maggio 2007

E’ arrivato l’arrotino!!!

Arriva l’arrotino in un casolare di campagna; prende posto sull’aia, davanti alla loggia fa scattare il cavalletto sotto la ruota di dietro. Esce un grido che fa quasi sussultare le massaie: “E’ arrivato l’arrotino!”. Forbici, coltelli, falci, frollane e pennati (che assomigliano proprio a le cime delle alabarde); tutto ciò che è lama, tutto ciò che deve essere affilato e forbito lui lo passa sulla mola. C’è lo strepito della pietra che al contatto del metallo fa scaturire una piccola costellazione di scintille.
L’arrotino fa proprio così quando diventa una specie di quadrumane in sella alla sua bicicletta, pedala con i piedi graduando il movimento del suo strumento; con le mani applica alla pietra l’attrezzo che gli viene presentato, lo restituisce più lucente e soprattutto più efficiente di quando l’ha ricevuto. Se c’è poi da riparare un ombrello (non è uno scudo contro la pioggia, l’ombrello?) dimostra di saper fare anche quello.
In qualche modo il compito dell’Abbas Nullius è assimilabile al mestiere di questo arrotino che si avvale di un aggeggio così rudimentale (uno dei pochi che non sembra inventato da Leonardo Da Vinci). Non si tratta di creare un’arma ma soltanto di forbirla. A volte ci sarebbe la tentazione di smussare lame troppo taglienti; ma bisogna riconoscere che anche un bisturi non bene affilato fa più male che bene.
“Donne, è arrivato l’arrotino!”.

Silvio Berlusconi detto "il cavaliere"

Oplita leggero.
Nel dibattito si affretta a scagliare la lancia; colpisce o non colpisce, è questa la maniera per liberarsi di qualcosa che rallenterebbe i suoi movimenti. Nel computer tutti verifichiamo che la velocità è inversamente proporzionale all’efficienza dell’antivirus e soprattutto alla molteplicità dei files immagazzinati, ma è direttamente proporzionato alla RAM (la memoria). Bisogna riconoscere che il potenziale della RAM in lui è molto elevato; la valutazione delle sue prestazioni si esprimono a quanto giudico in cifra altamente positiva. Efficace ed elegante quando fende, difende e offende.
E’ in grado di affrontare lo scontro coi avversari diversi e di respingere attacchi combinati. Si può ascoltare a lungo senza provare tedio; questa è una dote piuttosto rara. Il suo linguaggio è forbito ed avvincente perfino quando non è convincente (c’è differenza tra avvincere e convincere). Notevole e lodevole è l’impiego di espressioni figurate; azzeccate i traslati presenti nei suoi discorsi. “Ma, cavaliere, mi consenta… (espressione copiata anche dai suoi avversari)… troppe volte sottovaluta le risorse dei suoi rivali ed arriva addirittura ad insultare quelli che non votano per Lei.
A questo esordio seguiranno ovviamente delle note meno laudative per cui devo dire che anche per Lei il discorso continua…..”.

26 maggio 2007

Romano Prodi detto “il professore”.

Oplita pesante.
Pesante non nel senso che genera noia o tedio nell’ascoltatore e neppure nel senso che impiega espressioni grevi nei riguardi degli avversari.
E’ il tipo di armatura protettiva da lui indossata che lo rende lento e circospetto; schinieri, lorica, elmo, scudo e bracciali formano il suo apparato difensivo, mentre come armi di offesa si affida ad una lancia ed ad una spada che sa manovrare molto bene. Richiama l’immagine della tartaruga chiusa nella sua corazza; il carapace può diventare anche la sua prigione quando qualcuno riesce a ribaltarla. Immagine grottesca di un povero animale che si agita invano nell’intento di riprendere la sua posizione corretta. Ma non conosco nessuno che sia riuscito ancora a rovesciare questo essere incomprimibile. Deve temere il reziario che oppone alla sua possanza la propria agilità.

Il reziario munito di un solo forchino e di una rete a maglie larghe potrebbe impigliarlo facilmente. L’arciere perlopiù è scompensato di fronte ad un avversario che si presenta fornito di una difesa impenetrabile e per giunta in possesso di armi più efficaci nel duello ravvicinato. Interessante il confronto che può avvenire tra un oplita pesante ed un oplita leggero. Uno spettacolo da non perdere!
(… continua…)

22 maggio 2007

La cosa più veloce...

Un giorno un sovrano bandì un concorso per stabilire quale fosse la cosa più veloce nel trasmettere un’immagine o un messaggio.
Si presentò uno scienziato che disse: “Nell’era digitale e nell’epoca dei microchip mi domandi quale sia la cosa più veloce nel trasmettere qualcosa? Io ti rispondo con sicurezza: è il computer, dove un messaggio viaggia con velocità elettronica”.
Nell’assemblea dei presenti si fece sentire un mormorio di approvazione.
Dopo di lui seguì uno studioso che disse: “C’è una cosa che è ancora più veloce del computer nell’inviare un’immagine od un messaggio. Questa cosa è la più semplice, la più antica e, tuttavia, è una cosa impiegata anche nelle ultime guerre: è lo specchio, capace di rimandare un segnale alla velocità della luce”.

Uscì dall’assemblea un plauso di consenso.
Si fece avanti infine un monaco che parlò in questo modo: “Per quanto non possa mostrartela, io conosco una cosa che è ancora più veloce dello specchio nel mandare un messaggio: è la preghiera. Essa raggiunge subito il suo termine in quanto nello stesso istante in cui è pronunciata è accolta da chi la deve ricevere; dunque essa è più veloce della stessa luce perché arriva in tempo reale”.
Nel consesso degli astanti si fece un grande silenzio; infatti ciò che genera lo stupore è il silenzio e non il clamore.

18 maggio 2007

Luoghi comuni...

- Un bagno di folla
- Siamo tutti adulti e vaccinati
- Se non esistesse bisognerebbe inventarlo
- Una ragazza acqua e sapone
- Tutta colpa dell’effetto serra
- Non ne ho la più pallida idea
- E’ una persona squisita!
- La ragazza della porta accanto

NOTA: Anche nel linguaggio "ecclesiastico" abbondarono sempre luoghi comuni; ne citiamo soltanto alcuni ricorrenti nella cronaca di certe celebrazioni:
- La Chiesa è gremita di folla fino all'inverosimile
- La processione composta e ordinata
- L'antica icone
- Il suono dei sacri bronzi
- Il paese pavesato a festa
- La Premiata Filarmonica locale
- Gli squisiti cantuccini preparati dalle suore

NOTA BENE: Purtroppo i luoghi comuni sono innumerevoli; ci sono relatori che imbastiscono i loro discorsi a forza di luoghi comuni con la presunzione di riuscire addirittura brillanti ed originali.

Caro amico lettore, sapresti segnalare alcuni personaggi che cadono in questo "difetto"?
C'è spazio per questi commenti!

16 maggio 2007

Ars Gladiatoria

ARS GLADIATORIA
DINAMICA DEL CONFRONTO LOGICO


Rapportiamo il confronto ad una tenzone gladiatoria dove si contrappongono diverse figure di contendenti: il reziario, l’oplita, l’arciere, il fromboliere e il lanciatore di sabbia. L’arciere sta, l’oplita incede, il reziario danza, il fromboliere fionda e il lanciatore di sabbia cerca di accecare l’avversario.

ANNUNCIO:
L’Abbas Nullius presenterà alcune figure in cui sono tipicizzati personaggi della politica, dello spettacolo, della comunicazione pubblica e dell’intrattenimento televisivo. E' un rischio che evidenzia in obliquo la presunzione dell’Abbas di valutare certe performances in base alle attitudini espresse da personaggi emergenti in questi ruoli.
Bisognerà usare una spada di legno: anche quando l’abate dovrà colpire, farà in modo di non ferire.


Fassino è un retiario od un arciere?
Berlusconi è davvero un oplita?
… e Prodi che tipo di gladiatore incarna?
Vittorio Sgarbi è un retiario o un lanciatore di sabbia?
Bruno Vespa, nel cui salotto confluiscono figure che incontrano l'interesse di molti, che giudizio potrebbe meritare a sua volta?
Piero Chiambretti è uno sparviero o un passerotto domestico?

14 maggio 2007

Traslati


A questo punto proviamo ad elencare alcune specie di traslati che fanno parte del linguaggio emotivo:

LA METAFORA
E’ il traslato per cui un vocabolo viene trasportato da un significato ad un altro in forza
di un rapporto di somiglianza:

- “Essere sulle spine” uguale a: “Trovarsi in una situazione di angoscia”

- “Le stelle scintillano” - “La luce delle stelle si produce con una certa vibrazione”

- “Ha un cuore di pietra!” - “E’ impassibile e insensibile di fronte alla sofferenza del prossimo”.

L’ALLEGORIA
L’allegoria è una specie di metafora continuata:

- “Afferra il tuo arco. Scegli dalla tua faretra le frecce più acute, tendi la corda sul tuo petto e mira dritto al cuore: in guerra e in amore devi fare proprio così!”.

L’IPERBOLE
L’iperbole è un traslato in cui la cosa o il fatto viene presentato in modo volutamente esagerato:

- “Tocco il cielo con le dita”, “Arrivò in un baleno”,
“Fu una vera mazzata tra capo e collo!”.


LA LITOTE
La litote è una figura retorica che consiste nell’affermare un concetto negando il suo contrario. - “Non è un coniglio” – per dire che è molto coraggioso; “Non sta con le mani in mano”– per dire che è una persona molto attiva; dicendo di uno che è “un’aquila” costruia-mo una metafora al positivo (è una persona di grande acume). Dicendo invece “non è un’aquila” abbiamo una litote che implica un concetto opposto (è una persona di scarsa intelligenza).

L’ANTONOMASIA
L’antonomasia è il traslato per cui una persona o una cosa viene designata non con il suo nome ordinario, ma con un nome che ne indichi una qualità importante e particolarmente appropriata.

- “Un mecenate: detto di persona disposta a sostenere gli artisti (Mecenate era appunto un personaggio storico dell'antica romanità, noto anche per le sue elargizioni destinate alle opere d'arte); il mister: è l’allenatore di una squadra di calcio; l’eroe dei due Mondi: per designare Giuseppe Garibaldi”.

L’EUFEMISMO
L’eufemismo è un procedimento espressivo, molto comune anche nel linguaggio corrente, che consiste nel sostituire parole o espressioni troppo crude con altre di tono attenuato (dal Grande Dizionario Garzanti).

Come esempio introduciamo la parola “morire”:

- “Egli morì”; ecco come si può trasferire il significato con diverse perifrasi:
“Passò a vita migliore”, “Chiuse la sua giornata terrena”, “Dette l’ultimo respiro”,
“Si spense”
(in questo caso si allude alla luce che la persona aveva irradiato in vita),
ma anche “Tirò il calcetto”, “Ha tirato il calzino”, “Ha smesso di patire“.

EUFEMISMI NEI GIUDIZI SCOLASTICI
L’eufemismo ha avuto la sua celebrazione in campo scolastico dopo il ’68, quando i docenti erano chiamati a consegnare alla commissione esterna un giudizio sull’alunno; si trattava di dare una versione addomesticata di una valutazione sostanzialmente negativa. Ecco che cosa venne fuori dal profilo scolastico di uno studente; costui passava la maggior parte del tempo nei pub e nelle discoteche. Sapeva tutto, ma proprio tutto, su le motociclette di grossa cilindrata. In compenso sapeva sbirciare sugli elaborati dei suoi compagni; copiava come un dio!
“Dominato da interessi extra-scolastici [il che suona come una nota di merito!], si applica con una certa discontinuità alle diverse discipline scolastiche. Eclettico [già l’etimo richiamerebbe l’idea del ladro, ma anche qui suona come una nota positiva!].
Ripone molta fiducia nell’operato degli altri e sa avvalersi dei loro apporti [copia come un dio!]. Le sue propensioni sono indirizzate ad un lavoro di gruppo”.


A proposito di uno studente che apparteneva ad una famiglia dove non entrava mai un libro, si annotava semplicemente che proveniva da un entroterra che non l’avvantaggiava sul rendimento scolastico. Di un figlio unico, anche un pò viziato dai genitori, veniva detto che pagava la sua condizione di essere l’unico figlio in una famiglia abbiente.
Se un ragazzo aveva già manifestato nelle interrogazioni ripetuti episodi di “scena muta”, si notava la cosa con espressioni come questa: “A volte rimane bloccato”, “Accusa vuoti di memoria”, “Persona eccessivamente sensibile e circospetta si chiude in un silenzio riflessivo. Non è ancora consapevole delle proprie risorse".

"A volte risponde alle domande con uno sguardo di supplice interpellanza (appello alla pietà dei docenti!)".
Di uno studente che risultava provveduto di qualità scolastiche si poteva leggere: "Le sue qualità sono tutte da scoprire!”.

C'è da dire che a stendere questi giudizi eufemistici erano chiamati i colleghi più pespicaci. Costoro attesero a questo compito che esercitarono con una certa sportività; si sentivano remunerati dal risultato stesso di certe acrobazie basate appunto sul gioco dell'eufemismo.

12 maggio 2007

Il linguaggio figurato


Una stessa cosa può essere espressa in un linguaggio razionale, ma anche in un linguaggio emotivo. Il linguaggio emotivo fa ricorso a traslati, a figure retoriche e a figure grammaticali.
C’è da dire che il linguaggio emotivo, facendo appello alle risorse della fantasia e dell’immaginazione, è quello che risulta più poetico e in definitiva più efficace.
La stilistica propone delle definizioni e delle norme in proposito; ad esempio pretende di insegnare come si costruisce una metafora, un’allegoria, ci dice cos’è una sineddoche, un anacoluto o una preterizione.
Riportiamo quanto ha scritto Tommaso Campanella a proposito della poesia:“La poesia non ha mai obbedito a delle regole, semmai, ne ha inventate qualcuna!”.
Comunque bisogna rilevare che nel linguaggio comune e anche in quello forbito, il linguaggio emotivo, che abbiamo già detto il più efficace, è anche il più applicato.
Costruiamo ora una serie di esemplificazioni parallele in cui la stessa cosa può essere espressa sia in un linguaggio razionale che in un linguaggio emotivo:



  • E’ un personaggio molto importante nel mondo dello spettacolo.

  • E’ una star!



  • Una persona di cui non ci si deve fidare.

  • E’ una vipera!



  • Possente, ardito e imperioso.

  • Un leone!

  • Molto acuto nella capacità di analisi di sintesi.

  • Un’aquila!


Parallelamente possono essere usate per evidenziare qualità peculiari di una persona: “Iena”, “tigre”, “formica”, “cicala”.
Abbiamo considerato soltanto degli esempi limitandoci ad immagini animali, ma in realtà il linguaggio figurato attinge ad ogni sorta di elementi concreti.
Teniamo presente che questo tipo di linguaggio riguarda anche le espressioni in cui la logica sembra cedere di fronte alla fantasia:
“Mi pare mill’anni che non ti vedo!”, “Non vedo l’ora!”, “Ci vedo doppio!”, “Non me ne importa un cavolo!”, “E’ così noioso che fa venire il latte alle ginocchia!”, “E’ un vulcano di idee!”, “Ha una fame da lupi!”, “E’ un figlio di un cane!”.

04 maggio 2007

Il Battesimo di una nuova creatura

Lo ammetto: il Sacramento che amministro con più gioia è il Battesimo. Quando posso tenere in braccio la nuova creatura mi sento come il vecchio Simeone che abbracciò il Messia; un inno liturgico riporta: "Non era il vecchio che sosteneva il bambino, ma il bambino che sosteneva il vecchio!".