02 luglio 2015

Un ineguagliabile curriculum

Duns Scoto (Scotus in latino sta per Scozzese), John Duns Scotus nasce a Nexton in Scozia circa nel 1266, si spenge a Colonia nel 1308.
Entrato a far parte della famiglia dei frati minori, all'età di 15 anni è ammesso al noviziato. Frequenta corsi di Filosofia e di Teologia (a quei tempi strettamente unificate) all'Università di Oxford e nel 1291 riceve l’ordinazione sacerdotale.
Dal 1283 al 1290 è a Parigi dove s’impone per l’intensa spiritualità e per il fulgore intellettuale; richiamato in patria, a Oxford commenta le Sentenze di Pier Lombardo; lettore anche a Cambridge, brilla per le sue lezioni sulle Sentenze.
Passa successivamente alla Sorbona di Parigi, ma la sua docenza viene interrotta per avversione da parte della Corona, essendo in atto una contesa tra Filippo IV e Bonifacio VIII che Duns Scoto difende per amore della Chiesa. Nel 1304 può ritornare ad insegnare alla Sorbona.
Un altro grande polo culturale era anche l’Università di Colonia; qui il suo insegnamento dura un solo anno a partire dal 1306. L’anno successivo ha fine la sua giornata terrena. La mole dei sui scritti costituisce una cospicua eredità culturale.
Alla distanza di diversi secoli gli viene riconosciuto il merito di aver fatto e di aver coerentemente insegnato: Giovanni Paolo II nel 1993 lo annovera nel numero dei Beati.

http://keysonlogic.com/apporti/un-ineguagliabile-curriculum.html

01 maggio 2015

Nego consequens et consequentiam.

Nego consequens et consequentiam - Nego la conclusione e il nesso. E' il rifiuto assoluto di un ragionamento in cui la conclusione non è valida e il procedimento non è corretto. Espressione che ci giunge dal linguaggio forbito della Scolastica. Ancora efficace e tagliente se fosse introdotta nel dibattito politico, dove un ragionamento non sta proprio in piedi. Abbas nullius.

13 gennaio 2015

Un grande logico matematico ucciso da un dilemma!

Kurt Gödel (Brno, 1906 – Princeton, 1978)

Si tratta di Kurt Gödel (Brno, 1906 – Princeton, 1978). Fu afflitto, fin dalla sua adolescenza da un gravissimo disturbo mentale: l’ipocondria, una forma di suggestione in cui l’individuo arriva a sospettare e temere la presenza nel proprio organismo di gravi malattie, che sono del tutto immaginarie. E’ essa stessa una malattia!
In forza di una ipocondria delirante, si era convinto che il suo stesso alimento fosse avvelenato. Per lui il dilemma si pronunciò così: mangiare o non mangiare? Pur rendendosi conto che non mangiando sarebbe morto di inedia, scelse di non mangiare. E così, colui che aveva affrontato e risolto magistralmente il Paradosso di Russel, si spense all’età di 72 anni, vittima di un dilemma che lui stesso aveva formulato.

To be, or not to be, that is the question

William Shakespeare (23 aprile 1564 – 23 aprile 1616)

E’ la formulazione di un dilemma che, probabilmente, ha raggiunto una divulgazione che non ha paragoni. La troviamo nel III atto dell’Amleto di William Shakespeare. Un dilemma che inizialmente ha un’impostazione speculativa (possiamo anche dire metafisica), infatti enuncia, nei due poli, due opposti di ordine metafisico: essere o non essere.
Nel suo sviluppo il dilemma diventa pratico ed anche morale, in quanto si estende alla sfera del comportamento e delle scelte che orientano l’agire umano.

Essere o non essere… Questo mi chiedo: se sia più degno soffrire nell’intimo cuore i colpi ed i dardi di una sorte crudele, o prendere le armi contro un mare di affanni e, lottando, finirli.
Morire… Dormire, non altro; e con un sonno dire che poniamo fine alla sofferenza del cuore, ed alle mille offese naturali che sono l’eredità della carne! E’ l’epilogo cui dovremmo devotamente mirare.

To be, or not to be, that is the question whether 'tis Nobler in the mind to suffer the Slings and Arrows of outrageous Fortune, or to take Arms against a Sea of troubles, And by opposing, end them?
To die, to sleep no more; and by a sleep, to say we end the Heart-ache, and the thousand Natural shocks that Flesh is heir to? 'Tis a consummation devoutly to be wished.

Il dilemma compare spesso anche nel linguaggio parlato. C’è una rappresentazione nel discorso comune in formule volgarizzate: o mangiar questa minestra o saltar quella finestra; ed anche o bere o affogare.
Nel Vangelo troviamo un esempio di dilemma risolto, nel senso che viene già enunciata la risposta che corrisponde alla proposta di una scelta: Che giova all’uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde l’anima? Dove è evidente che si dà una risposta alla domanda: è meglio avere il massimo successo o assicurarsi la salvezza dell’anima?

08 gennaio 2015

Il dilemma di Evatlo


Si dice che i sofisti fossero i primi a farsi pagare le lezioni dai loro discepoli.
Maestri di retorica e dialettica, pare che si vantassero di poter dimostrare una cosa ed il suo contrario.
Uno dei più rinomati era un certo Protagora; il giovanissimo Evatlo si iscrive alla scuola per imparare l'arte di avvocato; sborsa subito la metà della paga all'inizio delle lezioni, pattuendo con il suo docente che l'altra metà l'avrebbe pagata quando avrebbe vinto la sua prima causa.
Ma Evatlo non pagava mai. Fu allora che Protagora citò in tribunale l'ex discepolo, facendogli questo dilemma: «O vinco, o perdo; se vinco, mi devi pagare in forza della sentenza del tribunale; se perdo e tu vinci, mi devi pagare per il patto che c'è stato tra noi». Così rispose Evatlo: «O perdi o vinci; se perdi, io non ti devo pagare; se vinci, non ti devo pagare ugualmente, per il patto che c'è stato tra noi. O non s'era d'accordo che ti dovevo pagare soltanto se vincevo la causa?».
Si dice che Protagora non si desse pace per questo risultato e pare che ripetesse tra se e se: «Maledizione! Sono stato così bravo da creare un discepolo più bravo di me!».