24 novembre 2007

Parole e locuzioni latine presenti nel linguaggio corrente

Ad calendas grecas. Alle calende greche. Come dire mai; infatti il calendario greco, a differenza di quello romano, non aveva le calende.
Ad instar exemplaris. Conforme all’esemplare. Dichiarazione che garantisce la conformità di una copia rispetto all’originale.
Ad instar manuscritti. Col valore di un manoscritto. Senza l’autorità che compete ad un testo ufficiale.
Ad limina. Alle soglie. Si dice delle visite che periodicamente i Vescovi devono fare al Romano Pontefice. Talvolta vengono convocati d’ufficio per render conto di una cosa spiacevole. Allora la visita ad limina equivale ad «andare a Canossa…».
Ad maiora. A cose maggiori. Altra formula augurale, questa volta per pronosticare ulteriori successi oltre a quello conseguito.
Ad maiorem Dei gloriam (A.M.D.G.). A maggior gloria di Dio. Introdotto talvolta per temperare l’espressione precedente, nel senso che ogni successo va riferito a Dio.
Ad multos annos! Per molti anni. Si tratta di un augurio. Ricorre in occasione di anniversari.
Ad perpetuam rei memoriam. A perpetua memoria della cosa. Iscrizione opposta ad un monumento o in chiusura di iscrizione sulla lapide.
Ad unguem. Fino all’unghia. Curato perfettamente, di cima fino in fondo.
Ad usum Del phini. Ad uso del figlio del re. Le opere latine su cui studiavano i figli del re erano opportunamente “purgate” dal pedagogo di corte in modo che fossero sottratti alla lettura dei passi scabrosi.
Deo gratias! Siano rese grazie a Dio! Sempre dalla celebrazione liturgica. E’ praticamente un grido di giubilo.
Et cetera. E altre. Si usa quando si tagliano deliberatamente dettagli e notizie che non hanno rilevanza particolare.
Ex chatedra. Dalla cattedra. Discorso autoritativo dal punto di vista del magistero ecclesiastico.
Ex equo. A pari merito. Usato anche nelle competizioni ad indicare che due concorrenti arrivavano praticamente insieme.
Ex libris. Dai libri.
Extra omnes. Fuori tutti!
Flagrante delicto. Mentre si compie il misfatto.
Genius loci. Custode di un determinato luogo.
Hic et nunc. Qui ed ora.
Homo sapiens. Uomo sapiente.
Honoris causa. Per onore.
In articolo mortis. Sul punto di morte.
In cauda venenum. In fondo (c’è) del veleno.
In extremis. In estremo.
In medias res. In mezzo alle cose.
In pectore. Nel petto.
In rerum natura. Nella natura delle cose.
Inteligenti pauca. Per una persona che capisce (bastano) poche parole.
In utroque (iure). Nell’uno e l’altro (diritto). Ossia nel diritto canonico come in quello civile.
In vino (veritas). Nel vino (la verità).
Memento homo! (quia pulvis es et in pulverem reverteris). Ricordati uomo! (che sei polvere e in polvere ritornerai).
Semel abbas sempre abbas. Abate una volta, abate per sempre. L’abate a differenza di altri superiori, una volta eletto resta in carica vita natural durante. Ricollegabile al detto mandarinico: stai attento a chi scegli per capo perché lo dovrai subire a lungo.
Semel in anno (licet insanire). Una sola volta l’anno (è lecito perder la testa). Considerazione che fa appello ad una certa indulgenza nei riguardi di chi, magari pigliando una bella sbornia, una volta tanto finisce per andare di fuori.
Sursum corda! In alto i cuori! Preghiera tratta dal prefazio. E’ diventata legittimamente un invito a tirarsi su anche quando si è giù di corda.
Mass-Media. Una fortunata associazione di parole latine per indicare i mezzi di comunicazione indirizzati alla massa.

06 novembre 2007

Dilemma del prigioniero

Noi conosciamo due versioni del “dilemma del prigioniero”; la prima si basa sulla supposizione che il contendente potrebbe avere, a sua volta, sulla supposizione dell’avversario. Molte volte questo tipo di dilemma ha un’inferenza politica. Piace di più la seconda versione del “dilemma del prigioniero” per il fatto che ha un carattere più algebrico. In effetti, il risultato di più moltiplicato meno, è sempre meno. Ecco come si struttura. Un prigioniero è in una cella che ha due uscite, di cui una conduce alla salvezza, e l’altra, alla morte. Egli ha, a suo fianco, due carcerieri, di cui uno è verace e l’altro è mendace. E’ da precisare che i carcerieri conoscono chi è quello che dice la verità e quello che dice la menzogna, ma il prigioniero non lo sa. Può, però, imbroccare la via della salvezza, soltanto facendo un’unica domanda ad uno dei carcerieri. Qual’è la domanda che il prigioniero deve porre ad uno dei carcerieri?

Il termine: la definizione

Si dà una definizione della definizione: è un complesso di parole che dà il significato di qualcuno o di qualcosa. Es. L’uomo è un animale razionale: animale razionale è la definitio, uomo il definitum.
Una definizione può essere nominale o reale. La prima non è una vera e propria definizione: essa più che spiegare la cosa, tende a spiegare la parola che designa la cosa attraverso la traduzione (Es. Vir è uomo) o la volgarizzazione (Es. Cloruro di sodio è il sale da cucina) o la esplicazione della terminologia di questa parola (Es. Philosophia è l’amore della scienza).
La definizione reale è una vera definizione poiché spiega proprio il contenuto della parola. Conosciamo tre specie di definizioni reali.
La definizione essenziale è quella che spiega la cosa dando gli elementi che compongono l’ente da definire. Se enuncia gli elementi fisici del “definitum” viene a chiamarsi essentialis phisica; se invece enuncia gli elementi metafisici assume la denominazione di essentialis metaphisica. Es. Una pittura è tela e colori.
Ho una definizione fisica se dico: l’uomo è ciò che consta di corpo coll’anima; ho invece una definizione metafisica quando dico: l’uomo è un animale razionale.
La definizione causale è quella che esplica la cosa indicando la sua causa (efficiente - finale - esemplare). Es. Il miele è il prodotto delle pecchie; il fucile è arma di offesa; il ritratto è la riproduzione di un individuo.
La definizione descrittiva: è quella che esplica la cosa enunciando le sue note essenziali. Es. Il libro è carta stampata e rilegata.
Regole per una buona definizione.
Essa deve essere più chiara del termine che è definito. Una buona definizione esige che il predicato sia convertibile con il soggetto; comunque deve essere breve; inoltre non deve ordinariamente essere espressa in forma negativa per quanto si può deve essere espressa in forma scientifica.

Il termine: divisione in rapporto alla relazione dei termini tra loro

Se si mettono in relazione più termini tra di loro riscontriamo che essi hanno o non hanno connessione, hanno o non hanno opposizione reciproca.
I termini che hanno una connessione si dicono connessi (pertinentes sequela) se uno include l’altro. Es. uomo - animale - oppure se l’uno equivale l’altro. Es. razionale e risibile.
I termini dei quali uno esclude l’altro si dicono opposti ( pertinentes repugnantia). I termini opposti possono essere:
(a) contrari, se uno di questi non solo toglie ciò che l’altro richiama, ma pone ciò che è realmente opposto. Es. virtù - vizio.
(b) contraddittori, se uno toglie quello stesso che l’altro richiama. Es. virtù - non virtù.
(c) privativi, se uno significa la negazione di una forma posseduta dall’altro. Es. grande - piccolo.
(d) relativi, se i due termini indicano un particolare rapporto reciproco. Es. padre - figlio - superiore - inferiore.
Se i termini non si richiamano né per opposizione né per connessione essi sono estranei (impertinentes).

Il termine: suddivisione secondo la perfezione o il modo

Sotto il rapporto della perfezione (o il modo) il termine si distingue in:
chiaro: designa chiaramente la cosa alla quale viene applicato; in caso contrario il termine è oscuro.
distinto, se richiama le principali note della cosa; altrimenti abbiamo un termine confuso.
adeguato (o completo) se richiama tutte le note della cosa designata; in caso diverso il termine è inadeguato.
Razionale e corporeo può essere un termine chiaro ed anche distinto in quanto designa chiaramente e precisamente l’uomo, ma non abbiamo un termine adeguato (nel senso più rigoroso) perché omette altre proprietà presenti nell’uomo.
Di primaria importanza è la suddivisione del termine in: univoco, equivoco, analogo. Univoco è il termine che conviene a più cose nel medesimo senso senza possibilità di errore. Questo termine designa le cose né erroneamente né approssimativamente, ma precisamente. Es. “animale” che conviene alla tigre come al bue. Equivoco (o anche ambiguo) è quel termine che si applica a più cose, ma in senso del tutto diverso con possibilità e probabilità di errore. Es. “pianta” che è applicato a sostanza vegetante, alla base del piede, al grafico edile.
N.B.
Il termine equivoco, qualora il suo senso non risulti precisato dal contesto, non si può usare perché polisenso. Analogo è il termine che è applicato a più cose secondo un rapporto in parte identico, in parte diverso. Esso non designa più cose chiaramente, ma neppure erroneamente. Se un termine è applicato a più cose secondo un rapporto di dipendenza che sussiste tra più cose, abbiamo un termine analogo di attribuzione: Assassina è l’arma e la mano o la volontà dell’uccisore, ma questa propriamente, quelle in quanto dipendono da essa. Se un termine è applicato a più cose secondo un rapporto di somiglianza, abbiamo il termine analogo di proporzione. L’occhio vede come l’intelletto nel senso che il rapporto che c’è tra l’occhio e l’oggetto sensibile c’è in qualche modo anche tra l’intelletto e l’oggetto intelligibile. Se il rapporto di somiglianza è reale (fondato sulla realtà) l’analogia è propria; se è arbitrario o artificiale (come nelle metafore) l’analogia è impropria.

Il termine: In rapporto alla comprensione

Il termine può presentarsi in binomi oppositivi:
(a) semplice: se non ha parti. Es. Monte.
(b) complesso: se è composto di più parole. Es: Monte alto.
(a) concreto,
(b) astratto (es. grandezza)
(a) denominativo: se la parola deriva da un’altra. Es. giusto (da giustizia)
(b) denominante: se da questa parola ne deriva un’altra. Es. giustizia (da cui giusto)
(a) Termine di prima intenzione: se risulta dalla immediata considerazione della cosa. Es. uomo, cappello, lapis ecc...
(b) Termine di seconda intenzione: se risulta dalla considerazione riflessa della cosa. Es. predicato, soggetto, genere ecc...

N.B.
Questa distinzione è fondamentale nella logica che è chiamata anche: la scienza delle intenzioni. E’ quindi opportuno averne una nozione chiara. Ho un termine di seconda intenzione quando la mia mente ritorna su un concetto e ne precisa il valore o la funzione logica.
Es. Pietro è un uomo. Pietro e uomo sono due termini, che semplicemente designano realtà precise: sono due termini di prima intenzione. Quando però ritornando all’analisi del contenuto, chiamo Pietro soggetto, termine singolare, chiamo “uomo” predicato, genere. In questo caso io uso termini di seconda intenzione.

Il termine: Estensione

Al termine “uomo”, che “comprende” il massimo delle note corrisponde il segmento più breve: vivente, che conta meno note, ma un segmento più esteso. In realtà il termine vivente si applica non solo agli uomini, ma anche agli animali e agli altri viventi. Il termine “sostanza”, che ha la minima comprensione, ha invece la massima “estensione” abbracciando tutta la gamma degli esseri.
In rapporto all’estensione il termine può essere:
Singolare: se si riferisce esclusivamente ad un individuo. Es: Giovanni; il Temporeggiatore ecc...
Comune: se può essere riferito a più individui separatamente. Es. uomo.
Tuttavia il termine comune può divenire facilmente singolare mediante l’aggiunta di un aggettivo dimostrativo, Es. questo uomo, o mediante una denominazione particolare, Es. l’uomo d’acciaio.
Il termine comune diventa invece particolare applicando ad esso un aggettivo indeterminato. Es. un certo uomo, qualche uomo.
Collettivo: se si può applicare ad un complesso di esseri, ma non a ciascuno di essi separatamente. Es. turba - flotta.
Così per indicare un gruppo di lavoro composto da più persone, si dice: equipe, team, staff. In campo animale: branco, gregge.

Divisione del termine in rapporto alla estensione ed alla comprensione

Nella logica l’estensione e la comprensione hanno una importanza notevole.
L’estensione è il complesso dei soggetti a cui il termine può essere riferito.
Complexus subiectorum quibus terminibus convenit.
La comprensione a sua volta è il complesso delle proprietà, che il termine necessariamente richiama in quanto sono da esso possedute.
Complexus notarum quibus significatio termini constat.
L’estensione dice ordine alla superficie; la comprensione alla profondità. L’estensione del termine uomo è data dalla universalità degli individui, ai quali può essere riferito il concetto di uomo.
La comprensione del medesimo termine uomo è data da tutte le note, che si riscontrano in esso: esistenza - sostanza - vita - razionalità ecc...
C’è una norma particolare, che mette in evidenza il mutuo rapporto, che corre tra estensione e comprensione. Essa può essere fissata in questi termini:
L’estensione è inversamente proporzionale alla comprensione. Per conseguenza: Quanto maggiore è l’estensione tanto minore è la comprensione e viceversa.