30 aprile 2012

Semi di senape - Catechismo con le cose VII

Ragazzi a dottrina

Vedere questi bambini che vengono "alla dottrina" come ad una festa mi conforta e mi conferma sulla validità del metodo che abbiamo scelto. Ce ne accorgiamo già da dell'impeto con cui bussano alla porta, da come premono sul pulsante del campanello, agitando anche la campana esterna e picchiando con i battenti alla porta. La Canonica, la vedono come una fortezza da espugnare. Me, come un castellano da sequestrare. C'è almeno un momento in cui, lasciati alle spalle i loro i genitori, non vedono, non considerano altro che questo prete che ha deciso di restare qui, abate di un'abbazia che non c'è. Mi viene da pensare a quei vivaci passerotti a cui sbriciolo la midolla del mio pane e a quei pesciolini della vasca che vengono verso di me, o, diciamo, verso il barattolo del mangime. Mi garbano da come prendono posto intorno al grande tavolo; hanno capito di non trovarsi a scuola, ma in una casa dove convitati molto speciali trovano una mensa riservata proprio a loro.

13 aprile 2012

Semi di senape - Il Colophon di Dio

Questo fu il tema di una lezione di catechismo ai miei ragazzi di Corazzano.
Colophon è una parola difficile che significa una cosa molto facile: E’ un ghirigoro che completava una firma nei manoscritti antichi. A forma triangolare, partiva dall’ultima lettera della firma e finiva in un punto in basso dove aveva deciso lui, lo scrivente, come per dire: questa firma è proprio la mia.
Un giorno, scendendo i gradoni della nostra antica Pieve, ho visto questo coso sulla parete avoriata che si trova dalla parte del vangelo, o come si dice noi preti, in cornu evangeli. Mi accorsi che era un piccolo scorpione. Mi avvicinai per osservarlo meglio. Lui era fermo, perché questi animali simulano la morte proprio per scansarla. Nel suo piccolo, mostrava una bellezza superba. Più che nero, era bruno come certi inchiostri. Le placche della corazza alle giunture avevano i lucori rossastri che hanno i gamberetti. Immaginai che, immobilizzato dalla paura, lui mi guardasse. Pareva proprio un colophon quel trangolino scuro, come se fosse la firma di qualcuno.
Come se qualcuno dicesse: questa Pieve che tu vedi è mia. Mi appartiene. Quello scorpione a me sembrò la firma di Dio.
Riflettei che forse avrebbe potuto impaurire qualche donnina se lo avesse visto e, se avesse punto un bambino, gli avrebbe procurato un bel febbrone. Ma che diritto avevo di schiacciarlo? Di certo discendeva da una dinastia di scorpioni che da chissà quanto tempo avevano preso alloggio in questa Pieve. Dunque c’era prima di me. Lasciandolo avrei voluto dirgli di salire più in alto, verso le capriate.
Ed ora mi domando: ho fatto bene o ho fatto male a non sopprimerlo? Lo domando anche a voi…Ho fatto bene o ho fatto male?
La risposta che ebbi da quei ragazzi fu per me imprevedibile: risposero con un applauso. Che mi commosse.