21 giugno 2011

Foto alla Butler Library della Columbia University

Butler Library at Columbia University of New York
Foto scattate il 3 maggio 2011 nella Butler Library della Columbia University



Qui Don Luciano Marrucci sta svolgendo i plichi Chiavi di logica, già destinati alla Butler Library

10 giugno 2011

Foto all'Istituto Culturale Italiano dell'Ambasciata Italiana di New York

Luciano Marrucci e Riccardo Viale

Riccardo Viale e Luciano Marrucci

All'Istituto Culturale Italiano dell'Ambasciata di New York

Luciano Marrucci e Riccardo Viale all'Istituto Culturale Italiano dell'Ambasciata di New York

Fuori dall'Ambasciata di New York

Foto con il Prof. Achille Varzi della Columbia University di New York













Lettera a Margherita Hack - 8° e ultima puntata

Toscana Oggi - 12/06/2011 - Pag. 18


Chiarissima e carissima Margherita Hack,
è venuto il momento di chiudere questa missiva; avrei potuto continuare per altre tre o quattro puntate per parlare delle vie che ci conducano a Dio, ma una voce mi dice che non devo estenuare i  miei lettori nella pretesa di esporre compiutamente il mio pensiero.
In quest’ultima parte mi concedo di partecipare a lei, a quelli che condividono la sua posizione, a me stesso e a quanti condividono la mia stessa posizione, di mettersi in ascolto dei segnali continui che ci raggiungono nella nostra esperienza personale. Sperimentare la gioia della scoperta dell’Intelligenza, della Bontà e delle Bellezza presenti nelle tracce, nei signacoli e, direi, nei messaggi che intessono la nostra giornata.
Le fusa di un gatto, il gioco di un cucciolo, uno scarabeo che quasi stavi per calpestare, quei papaveri rossi spuntati sul sentiero della tua passeggiata, l’incontro con persone diverse da te, i loro gesti, i loro sguardi, le loro parole. Allora potrai scoprire, con gioia e stupore lo scoprirai, che un bambino può insegnarti molto più di un collega di studio. Chiudo con questa esperienza di catechismo.
Il Colophon di Dio.
Questo fu il tema di una lezione di catechismo ai miei ragazzi di Corazzano.
Colophon è una parola difficile che significa una cosa molto facile: E’ un ghirigoro che completava una firma nei manoscritti antichi. A forma triangolare, partiva dall’ultima lettera della firma e finiva in un punto in basso dove aveva deciso lui, lo scrivente, come per dire: questa firma è proprio la mia.
Un giorno, scendendo i gradoni della nostra antica Pieve, ho visto questo coso sulla parete avoriata che si trova dalla parte del vangelo, o come si dice noi preti, in cornu evangeli. Mi accorsi che era un piccolo scorpione. Mi avvicinai per osservarlo meglio. Lui era fermo, perché questi animali simulano la morte proprio per scansarla. Nel suo piccolo, mostrava una bellezza superba. Più che nero, era bruno come certi inchiostri. Le placche della corazza alle giunture avevano i lucori rossastri che hanno i gamberetti. Immaginai che, immobilizzato dalla paura, lui mi guardasse. Pareva proprio un colophon quel trangolino scuro- Come se fosse la firma di qualcuno. 
Come se qualcuno dicesse: questa Pieve che tu vedi è mia. Mi appartiene. Quello scorpione a me sembrò la firma di Dio.
Riflettei che forse avrebbe potuto impaurire qualche donnina se lo avesse visto e, se avesse punto un bambino, gli avrebbe procurato un bel febbrone. Ma che diritto avevo di schiacciarlo? Di certo discendeva da una dinastia di scorpioni che da chissà quanto tempo avevano preso alloggio in questa chiesa. Dunque c’era prima di me. Lasciandolo avrei voluto dirgli di salire più in alto, verso le capriate.
Ed ora mi domando: ho fatto bene o ho fatto male a non sopprimerlo? Lo domando anche a voi…Ho fatto bene o ho fatto male?
La risposta che ebbi da quei ragazzi fu per me imprevedibile: risposero con un applauso. Che mi commosse.
Chiudo, indicando nome e cognome, impossibilitato a fare una firma autografa accompagnata, come vorrei, da un curioso ghirigoro: colophon, appunto.
San Minato, 5 maggio A.D. 2011.

Don Luciano Marrucci

L'acqua è sempre acqua


Ai Ponticelli viveva, solo solo, un uomo che aveva una casettina vicina all’Arno. Era piuttosto sdubbiato perché ogni tanto il fiume gli portava l’acqua in casa e, quando una grandinata con dei chicchi grossi così gli rovinò l’unica proda del suo unico campo, si decise: vendette tutto e partì. Partì per fare un pò di fortuna. Girò e rigirò fino a che non andò a finire in Africa.
Ma ci fu un brutto giorno in cui si trovò in un deserto, un mare di rena che non finiva mai. Siccome c’era tanto sole e punta acqua, stava sul punto di morire di sete. Camminava gattoni sulla sabbia, quando vide come una borsa di cuoio.
Immaginò che fosse una borraccia d’acqua e, dopo averla agguantata, l’aprì: c’erano dei chicchi bianchi, grossi così. Allora li scagliò lontano con rabbia. Disse: « Maledizione! Non sono che perle!»

L.M.

Non se la sentì


Si tratta del grande Papa Leone Magno. Pare che nel giorno di Natale, quando ormai era parato per celebrare la Messa, gli vennero a dire che a Roma era morto uno di fame.
Lentamente cominciò a deporre i paramenti.
- Ma che fate, Padre? C’è tutta la gente che aspetta questa Messa!
- Oggi non me la sento - rispose il Papa - se non siamo stati capaci di spezzare il pane terreno ed uno fra noi è morto per questo, allora non è giusto nemmeno spezzare il pane celeste.

L.M.

08 giugno 2011

Socrate


Una nuova ciliegia fresca fresca, colta dall'albero proprio stamattina!

Un tale si avvicinò a Socrate e gli fece questa domanda:"Che è meglio: la situazione del celibato o quella del matrimonio?"
Ed ecco la cruda risposta del filosofo: "In tutti e due i casi te ne pentirai!"

L.M.

04 giugno 2011

Lettera a Margherita Hack - 7° puntata

Toscana Oggi - 05/06/2011 - Pag. 18

Chiarissima Margherita Hack,

l’ho appena detto, Lei non si limita a negare che attraverso la ragione si possa arrivare alla certezza che esiste un Essere fuori dell’universo, ma intende addirittura affermare che si possa dimostrare che un essere, così concepito,non esiste nemmeno. E come giunge a questa conclusione? A me pare di capire che si affida semplicemente (qui preciso, “unicamente”) a questo tipo di ragionamento:
Ciò che ora appare inesplicabile quando volgo la mia osservazione all’universo, troverà inevitabilmente una spiegazione successiva da parte della scienza. Ergo, non c’è bisogno di ricorrere alla esistenza di un Essere creatore e ordinatore delle cose che ci circondano.
Un ragionamento, osservo, che non eccelle nemmeno in fantasia, dato che si presenta come il clone in negativo di quello invincibilmente proposto da Padre Copleston: Il cosmo nel suo insieme e nei suoi dettagli è inesplicabile se non si pone una causa fuori di esso.
Ma a questo punto Lei, rinomata astrofisica, esce dal campo dove nessuno può negarLe un diritto di insegnamento, e irrompe, con allarmante tranquillità, irrompe, nel campo dove chiunque può imputarLe un difetto di apprendimento. C’è differenza tra fisica e metafisica anche quando questa si esprime
sugli aspetti profondi delle realtà corporee. Possibile-Impossibile,
contingente-necessario ed ancora ente-niente e, se vogliamo, caos-cosmo sono nozioni che appartengono all’ambito della metafisica. Quando poi uno tenta, appropriandosi di una facoltà che non gli compete, di organizzare, su concetti non posseduti, un discorso logico, finisce nel commiserando errore di cadere e addirittura di proporre un sofisma. Tutti gli studiosi di logica sono concordi nel dire che il sofisma non è altro che un sillogismo ingannevole. Per lo più a proporre l’inganno è qualcuno che sa d’ingannare; a volte, è lo stesso proponente ad essere vittima di un inganno mentale (questa forma di sofisma è chiamato paralogismo); in questo caso l’ingannato diventa ingannatore, ancora più efficace, in quanto ciò che asserisce sembra partire da una sincera convinzione. Smascherare un sofisma diventa inevitabilmente, nel primo caso, uno schiaffo (meritato!) all’onestà intellettuale di chi lo propone, e nel secondo caso, un biasimo correttivo verso chi ha fatto di tutto per farti cadere nella medesima buca…
Ecco perché chiamo sofisma il ragionamento che Lei propone ai suoi ascoltatori: Le scienze naturali rilevano misteri, da alcuni di noi chiamati meraviglie, riferiti al concretizzarsi della materia, al passaggio dalla materia organizzata a forme di vita dove l’orma di una costante razionalità è innegabile.
Lei sembra procedere così: ciò che la scienza rileva come provvisoriamente inesplicabile verrà successivamente spiegato dalla scienza stessa.
Dunque non c’è alcuna ragione di appellarsi ad una spiegazione diversa da quella che la scienza stessa può offrirci.
Come dire: Basta un po’ di pazienza, poi tutto si chiarirà!
Come dire: Hai scoperto una tela e pretendi di risalire al pittore? Non potrebbe essere frutto del caso?
Come per dire: La struttura delle vertebre di qualunque vivente corrisponde ad una calcolo matematico? Ma non potrebbe dipendere dalla necessità?
Come dire: Perché guizzano dei pesciolini rossi in un vaso di vetro? E’ perché c’è dell’acqua in quel vaso!
Chi l’ha detto che basta che chi percepisce la certezza del mistero delle cose può alimentare la certezza di poterlo decifrare? Col progredire della ricerca la scienza va invece incontro a velari sempre più densi: Penetrabili solo da una luce che parte da altra sorgente.
Non so se mi sono spiegato, ma ora, chiarissima astrofisica, mi rifiuto di considerarLa semplicemente una scimmia evoluta come lei, spero scherzosamente, si è definita, e mi permetto di sottomettere alla sua considerazione alcuni spunti di riflessione:
  • Il “caso” è l’anagramma ortografico e logico di “caos”; genera solo aborti.
  • La razionalità presente nelle cose irrazionali. Un mistero che la scienza può solo rilevare.
  • E’ semplicemente anti scientifico scambiare la condizione per una causa. Se metto solo dell’acqua in un vaso di vetro non vedrò mai comparire dei pesciolini rossi.


… continua…

Don Luciano Marrucci