17 dicembre 2007

Elementi della enunciazione [b]


Gli elementi tipici della enunciazione sono: il soggetto: ciò di cui si predica; il predicato: ciò che viene predicato; la copula: l’elemento che congiunge il soggetto con il predicato . (Bisogna osservare che la copula è implicita anche nel cosiddetto predicato verbale. Es. Luigi studia: io posso scindere il verbo così: è studente.) Tutto ciò sotto il punto di vista logico; sotto il punto di vista grammaticale, elementi della proposizione sono il nome ed il verbo. l Nome: è una “voce”, che ha già un certo significato, il quale verrà precisato mediante l’unione col verbo. Questi due elementi si ottiene una proposizione che può essere vera o falsa. Il Verbo: è una “voce” che ha già un certo significato, destinata a dare un senso preciso alla frase quando questo significato verrà applicato a un soggetto. E’ proprio il verbo a conferire alla frase la nozione del tempo, poiché esso la possiede di per sé. Dicendo: “amò” penso al passato; “ama” ho un riferimento al presente; “amerò” sono proiettato nel futuro.
N.B. - Il soggetto può identificarsi col nome, ma può risultare anche di più parole. Es. Fabio, il temporeggiatore,
Ogni enunciazione si compone almeno di un nome o di un verbo. Il verbo può essere costituito da una sola parola come “ama” (predicato verbale) e di più parole. Es. è studente (comprendendo così la copula ed il predicato nominale).
EST ha valore di esistere (actus essendi) e di copula. DIO è (esiste) - DIO è (copula) eterno. Ma anche quando ha il valore di copula contiene implicitamente anche quello di esistere. Quando dico: Carlo è studente - dico anche che Carlo esiste - infatti non potrebbe essere studente se non esistesse. L’unione del nome con verbo forma, in senso grammaticale, la frase o proposizione.

La seconda operazione della mente: il giudizio..[a]


Trattiamo del giudizio e della sua espressione (orale o scritta) che prende il nome di “enunciazione”. Il giudizio è un atto della mente mediante il quale affermiamo o neghiamo qualcosa:
operatio qua intellectus aliquid dicit de altero, adfirmando vel negando.
Es. Pietro non lavora; Pietro è uno sbuccione; qui si hanno due giudizi: uno negativo, l’altro positivo.
Se noi esprimiamo il giudizio, che in sé è mentale, abbiamo una enunciazione; essa è la rappresentazione esterna di un’operazione interna. Essa appunto è definita “signum iudicii”. E’ chiaro dunque che, in un certo senso, si può stabilire una identità tra giudizio ed enunciazione. Veniamo ora a trattare degli elementi della enunciazione - della divisione della enunciazione - della sua proprietà.