07 agosto 2010

Antonio Silberio Chiti

Ad un mese dalla pubblicazione del post in cui annunciavo l'improvvisa scomparsa di Silberio, molti si domandano (e mi domandano) chi era davvero questo personaggio che rispondeva a diversi nomi. Non so come lo chiamassero in Spagna, in Portogallo o a Cuba. A San Miniato era noto come Lo squalo. Il mago. Lo Zeffìri, Silberio; io so che nei suoi interventi sulla stampa preferiva firmarsi Antonio Silberio Chiti.
Sono intenzionato a parlare di Antonio Silberio Chiti e lo farò articolando il mio discorso in diversi paragrafi che aggiungerò progressivamente a questo post; chiedo al tempo stesso ai suoi amici, ai suoi conoscenti, ai suoi estimatori o no di intervenire in termini di apporto per poter definire, per quanto è possibile, una figura straordinaria (o forse soltanto stravagante) che, mai inosservato, abbiamo incontrato sulla nostra strada.

§ Silberio in definitiva era un Catalano prestato a San Miniato; poteva anche sembrare un gaucho che vive in terra toscana. Gaucho sta alle pampas argentine come il cowboy sta alle pianure del West. Ciò che li accomuna è la passione per i cavalli e la predilezione per i grandi spazi dove le mandrie vengono guidate e servogliate.
Spesse volte mi è venuta l'idea di identificarlo con Don Chisciotte. Nel capolavoro di Cervantes i critici individuano in questa figura l'attitudine, che è anche una propensione, dell'uomo che non si adatta a vivere ad una sola dimensione. E' l'eroe che inventa l'avventura in cui spesso trova la propria sconfitta. Chi conosce a fondo figure di questo genere smorza un'istintiva derisione e finisce per ammirare un personaggio proprio perché esce da un'ordinaria quotidianità.

[continua...]

§ Un attore ha tanti nomi quante sono le maschere appese nel suo camerino, ma unica è la faccia che le indossa. Per qualcuno era solo un irriducibile bracconiere; per altri era il mago che fondeva per i suoi visitatori talismani e amuleti in un piccolo stambugio di Via Gargozzi; per altri ancora era un medium, una persona capace di chiamare a colloquio persone scomparse e care al ricordo di quelle che sono rimaste: ed ora disponibile ad essere evocato a consolazione dei suoi adetti.
Tuttavia, a mio giudizio, non era un impostore. Egli credeva davvero di possedere poteri speciali che identificava ( e qui sbagliava di sicuro) con veri e propri carismi che sono doni dati all'individuo a servizio della comunità. La sua fine, secondo me, è legata proprio ad un eccesso di credenza.
Lui interpretava i chiari sintomi di un'angina pectoris, che lo ha torturato nell'ultimo periodo, come un effetto di influssi extra terreni. Forse una tempestiva diagnosi da parte di un cardiologo lo avrebbe salvato. Silberio fu l'ultima vittima della sua stessa convinzione.

§ Qui il discorso va diritto alla pantera. Silberio e la pantera. La pantera, si sa, non è altro che un leopardo col manto nero. Per chi è stato in Africa è la belva più pericolosa che si possa incontrare; quando è appostata su un ramo d'albero, si avventa sull'uomo perfino se non è molestata. Terribile e bellissima creatura. Silberio se l'ha inventò e finì per convincersi che un giorno, anzi, una notte l'avrebbe incontrata davvero, nera come la tenebra, e quegli occhi fosforescenti che forano il buio della notte. Fu capace di comunicare questa suggestione ad amici, che cercarono invano tracce ed orme di una animale così abile da rendersi invisibile; il fascino del'isola che non c'è! Forse anche lui fu sedotto dall'immagine di Fang, la pantera di Cino e Franco. Nelle striscie di un fumetto compariva questo superbo felino, custode vigile e compagno inseparabile di un ragazzo di nome Cino. Sicuramente l'immagine tratta da un album di avventura si era fissata nella sua memoria.
Silberio mi disse che una notte aveva incontrato la sua pantera; avrebbe potuto sparare mirando agli occhi. "Non lo feci; era troppo bella". Così mi disse.
E' successo, questo è successo, che, una pantera, lui l'ha incontrata davvero. E' stata lei ad affondare gli artigli nel suo petto, lei ha penetrato e squassato il suo cuore. Ed ancora una volta il cacciatore è diventato preda.



5 commenti:

moti carbonari ritrovare la strada ha detto...

Io non l'ho conosciuto molto bene, ma era una persona che vedevo volentieri, mi salutava sempre con simpatia, in un paese in cui salutare è considerato un segno di debolezza.
Ho letto un suo gradevole libretto su San Miniato ed ho conosciuto da bambina quello che credo fosse un suo nonno, Gnoppa, che faceva tanti mestieri.
Raccoglieva la spazzatura con un carretto tirato da un somaro, suonando una trombetta di ottone, vendeva le mele o le pere cotte in forno e mi ricordo ancora il suo richiamo e soprattutto contraddiva i bachi, cui si attribuivano a quei tempi gran parte dei malanni dei bambini.
Aveva delle antiche monete con le quali faceva dei segni magici.
Io lo so perché la mia nonna Ester, nata negli ultimi decenni dell'ottocento e che era la padrona indiscussa della nostra casa, lo chiamava quando mi ammalavo, nonostante che la mia mamma fosse una farmacista e mio zio il medico condotto. Mi pareva che quando Gnoppa faceva queste sue manovra magiche ridesse sotto i baffi.
Forse la magia di Silberio veniva anche da qui?

moti carbonari ritrovare la strada ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Davide ha detto...

Silberio: colui che riempiva una stanza entrandovi e la svuotava uscendo!
Davide

Anonimo ha detto...

....io so soltanto che ancora dopo tre anni dalla sua scomparsa ci manca tanto...

Anonimo ha detto...

Abbraccio e ringrazio Tutti coloro che continuano ad apprezzare ed amare "Lo Squalo".

Indubbiamente uno "Spirito Libero"... sempre, comunque e ovunque.

Con tutto il mio Essere.
Daniela C.

PS: GRAZIE per cio' che avete scritto !!! Gracias con toda mi Alma