02 ottobre 2013

Presepe con le capre

“Presso i tuoi altari, Signore…”

Queste due capre non vivono sempre in recinto. Anche se, scorrazzano qua e là, combinano un mucchio di guai, bisogna aprire il cancello, perché non ha senso pigliare gli animali e non chiamarli a quella libertà che noi stessi pretendiamo per noi.
Hanno fatto amicizia con i ragazzi: si potrebbe dire che fanno parte del gruppo, ormai. E’ accaduto più volte che nell’ora del catechismo sono riuscite ad aprire la porta della bussola. Vogliono sentire, vogliono guardare. Io dico ad un ragazzo di chiudere la porta, ma senza impaurirle: “Nella mia Cura non ho due parrocchiane devote ed assidue come queste!”. Ciò che sorprende è che hanno scelto un posto dal quale è difficile staccarle: è l’atrio coperto che induce alla cappella laterale. A fianco della porta, o sotto il presepe fatto di embrici. A loro modo montano la guardia a Gesù.
Per forza ho pensato alle parole del salmo: “Anche il passero trova la casa, la rondine il nido dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore”.

Il presepe è una stalla?

Distaccarle di lì proprio la sera di Natale? Questo per me era il problema. Lo esposi ai ragazzi; tutti in maniera decisa e imperativa dissero che in quella notte Zucchina e Macallè dovevano essere lasciate dove volevano stare. “E pensare, aggiunsi io, che San Francesco aveva avuto il coraggio di portare addirittura dentro la Chiesa di Greccio un bue ed un asino: aveva il coraggio di fare un presepe che non era mai stato fatto prima di allora; e d’altra parte un presepe così non è mai stato fatto neppure dopo di allora”.
Che abbiamo fatto noi? Abbiamo sparso della paglia nell’atrio, sistemato una grossa cesta di salcio riempita di fieno. In quella Notte Santa, Macallè in piedi, ferma come un personaggio di gesso, Zucchina, graziosamente prona presso la cesta, non si sono mosse di lì. La gente, attirata dal lucore abbagliante della paglia illuminata da un faretto, prima di entrare in chiesa saliva tre o quattro gradini per portarsi sotto gli archetti dell’atrio. C’era chi si avvicinava alla cesta come per vedere se, caso mai, ci fosse qualcuno.

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