10 ottobre 2013

Addio Macallè

Negli ultimi e oscuri annali di Faggeto, dove non succede niente di niente che possa interessare l’opinione pubblica sempre assetata di notizie importanti, c’è posto per la storia di due capre che rispondevano (oh, come rispondevano!) ai nomi di Macallè e Zucchina.
Ora sì che so come sono le capre! Dispettose e ciccione, affezionate e giocherellone, furbe ed intraprendenti, contemplatrici appassionate del firmamento per quell’attitudine nomade che rende sempre disponibili a seguire l’uomo in un lungo cammino.
Con loro ho incominciato subito la lunga guerra dei recinti. Ma ho dovuto dichiarare la resa. Hanno sfondato le reti deboli; quelle robuste , le hanno scavalcate, hanno rotto steccati e saltato cancelli.
Dopo aver fatto dei guai negli orti dei vicini, mi si accostavano per assicurarsi che quello che era successo era successo, ma che loro mi volevano bene lo stesso… Mi è capitato più volte che mentre sedevo sugli scalini della loggia e pensavo con una certa amarezza ai miei insuccessi pastorali (delle anime, intendo) Macallè veniva a morsicarmi i capelli (questo fanno questi animali) come per dirmi: “Non ci pensare! Ci siamo noi a starti vicine”. Sono convinto che la Bontà di Dio ci può raggiungere anche così: attraverso il complimento di un animale.
Bisognerà registrare in questi animali che una volta, mentre stavo spiegando il Vangelo del Buon Pastore, si è sentito picchiare alla bussola della Chiesa e tutti hanno capito che erano loro; mi sono quasi commosso e ho detto: “Avete sentito? E’ proprio vero che questi animali riconoscono ‘la voce del pastore’!”.
La storia arrivò ad una svolta importante quando Macallè partorì tre capretti e fu imitata alla distanza di ventiquattrore da Zucchina che ne mise alla luce altri due. Nasceva un problema: tre più due, cinque e due che portavo: sette! Troppa grazia Sant’Antonio! All’improvviso mi ritrovavo con una piccola mandria di capre. Chi me le bada? Mandare al macello quei graziosissimi capretti, non me la sentivo.
Passa del tempo e si fa avanti un agricoltore di Vinci, il padre di Daniele, un bambino che tanto insisteva per avere, nel suo recinto, la presenza della capra e dei suoi tre caprettini.
Macallè è una magnifica capra che quando si rizzava sulle zampe era più alta di me, giocava con me fingendo di caricarmi, mi seguiva nelle mie passeggiate notturne… Ma bisognava dargliela. Pensavo ai lamenti di quelli che piantavano l’insalata, il radicchio e altro. Qui si trattava di salvare capra e cavoli. E cedetti.
Venne il momento di caricarla sul furgone e ci dovevo essere io per forza, sennò non saliva. Vidi nei suoi occhi una luce di sgomento e di terrore; pareva che dicesse “Se mi tradisci anche tu, allora di chi mi posso fidare da ora in avanti?”.
Addio Macallè! Sono sicuro che ti troverai molto bene con Daniele, dato che ami tanto i bambini. Tu lasci Faggeto per andare a Vinci: così vai dentro quel paesaggio che fu tanto caro a Leonardo, che pensò ad animali come te quando cercò personaggi per il paesaggio di un presepe che non cessò mai di dipingere.

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