08 luglio 2013

Credenze popolari

Ci sono espressioni che riflettono un oscuro senso di paura. Un fatto diventa segno e funziona da messaggio di un evento imminente. La gente dice semplicemente: “E’ un segno male” (bisogna notare la forza incisiva di questa espressione). Esiste anche: “porta bene o porta male”. Ma andiamo avanti passando in rassegna alcuni incentivi occasionali per il presagio funesto o negativo.

Il verso della civetta


Il verso della civetta: “è segno male” (preannuncia dei lutti in famiglia). Anche quando il cane ulula come un lupo e non abbaia ‘a cane’ (come sarebbe naturale), c’è da aspettarci qualcosa di brutto. Ho raccolto da queste parti un curioso proverbio che dice: “Quando la gallina canta, la famiglia o cresce o manca”. Vuol dire che quando la gallina si prova a cantare (come il gallo), la famiglia o crescerà per una nascita o diminuirà per un lutto.

L'orologio di San Pasquale


Poi c’è la faccenda dell’“orologio di San Pasquale”. Dice il proverbio: “Orologio di San Pasquale – o bene bene o male male”. Ma cos’è questo misterioso orologio? C’è gente disposta a giurare di averlo sentito veramente.
Dicono che si avverte per lo più di notte, lungo una parete, all’improvviso.
Smette e poi ricomincia. E’ un tintinnio garrulo, quasi canzonatorio. Questo aumenta il brivido, invece di diminuirlo. Il suono ritmato sulle pulsazioni del cuore di chi ascolta, reca allarme e ansietà per la duplice ambiguità del messaggio: Cosa succederà e chi succederà?

Sortilegi popolari


Si conserva traccia di alcune formule di esorcismo e di sortilegio popolare, atte ad allontanare l’effetto negativo e a rimuovere così la paura. Uno che si trova sulla riva di un torrente, prima di dissetarsi portando le mani “a giumella” verso le labbra, diceva: “Acqua corrente/la beve il serpente/la beve Dio/la posso bere anch’io”. Il timore che l’acqua potesse essere infetta veniva di fatto debellato attraverso un rito propiziatorio che intendeva coinvolgere il Creatore con la sorte della creatura.

Il bruciaculo


Un'operazione che il contadino, disperato per le scorrerie dei ragazzi che rubavano la frutta, era quella del "Bruciaculo". Inevitabilmente, trovandosi in piena campagna, i piccoli predatori lasciavano traccia di se con i loro escrementi coperti alla meglio da una pampana di fico o di vite.
Che faceva il contadino? Con della sterpaglia o con della paglia circondava quei piccoli monumenti a cui dava fuoco. Partiva dalla convinzione, condivisa da molti, che il "malcapitato" provasse un gran bruciore nel deretano. La cosa poteva diventare anche una minaccia: "Guarda che se tu torni nel mio podere ti fo il bruciaculo".

Il lupo mannaro


La paura acquista concretezza emblematica nell'immagine che si proponeva al bambino del “Bubbo”, dell’”Omo nero” e del “lupo mannaro”. Cercherei la chiave di questa denominazione ricorrente nella parola “mannaia”. Mannaro è chi usa la mannaia., il boia incappucciato, insomma.

Caino fa le frittelle


Il bambino ha istintiva paura del buio, anche della notte, dunque. Le stelle e la luna sono il tramite attraverso il quale è chiamato a vincere questa paura. Egli impara a cantare: “Vedo la luna/vedo le stelle/vedo Caino che fa le frittelle. Vedo la luna/affaccendata/vedo Caino che fa la frittata”.
A giugno il bambino può correre di notte cantando: “Lucciola lucciola/vien da me/che ti do/il pan del re/pan del re/e della regina/lucciola lucciola/vien vicina”. Fermiamoci a considerare la forza poetica di quella invocazione, cantata nell'età in cui uno poteva pensare che le lucciole fossero stelle un po’ più vicine e le stelle lucciole un po’ più lontane.

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