23 gennaio 2012

La parabola dei talenti.

Un amico mi ha invitato a parlare della parabola dei talenti: Io lo farò, ma credo che un solo post non mi basterà per trattare l'argomento.
 Cos'è il talento? Non certamente una grossa moneta come alcuni pensano, ma più precisamente un'unità di misura di massa, corrispondente secondo i Babilonesi e i Sumeri al peso e al valore di oltre 36 kilogrammi d'argento: una massa che non sarebbe entrata in una borsa di cuoio, per la stessa ragione per cui un barile di vino non potrebbe essere contenuto in una brocca di creta o un ettaro di terra non potrebbe entrare in una balla di canapa.
Quel signore, prima di partire per un lungo viaggio, assegnò ai suoi servi una grossa disponibilità di denaro. Ma in misura diversa: ad uno assegnò cinque talenti, ad un altro, due; ad un terzo soltanto uno. Sempre una somma cospicua. Si allontanò  e si fece vivo soltanto dopo aver lasciato loro il tempo di farli fruttificare come lui avevo ingiunto. Eccome si fece vivo! Lodò e gratificò chi aveva raddoppiato il bene affidato; ma chiamò infingardo il terzo
che aveva sotterrato ciò che gli aveva consegnato. La fine di quell'uomo fu un carcere dove c'è pianto e stridore di denti.
Dal breve discorso evangelico, che io ho strinto ancora di più, ricaviamo quanto basta per fare una prima considerazione: Il Signore, dalle inesauribili riserve, consegna  a ciascuno di noi un bene e ci assegna un compito corrispondente alle capacità che abbiamo di farlo fruttare.  Attenzione! Nelle mani di chi lo riceve ogni talento diventa un terribile privilegio!

Nessun commento: