17 aprile 2011

Lettera a Margherita Hack - 5° puntata

Toscana Oggi - 17/04/2011 - Pag. 18

Un proverbio italiano recita così: «Chi insegna ai fanciulli, impara più di loro». E’ quanto ho potuto sperimentare in tanti anni, durante i quali ho insegnato la “Dottrina” ai ragazzi che preparavo alla Comunione ed alla Cresima.
Mi è rimasto impresso un’esclamazione di una bambina che commentò così la posizione di chi nega l’esistenza di Dio: «Dio non esiste? Allora non esisto nemmeno io!». Questa frase, che a me sembrò di sapore Cartesiano, manifestava l’inconcussa certezza di chi percepisce l’esistenza di Dio come un’idea chiara e distinta di cui l’anima è nativamente dotata. In sostanza, questa bambina affermava : «Sono certa dell’esistenza di Dio, come della mia stessa esistenza».
A distanza di anni, ho ritrovato una nota che riportava una mia lezione di Catechismo impartita alle scuole elementari.

Riflessioni e testimonianze sull’esistenza di Dio.
Siamo circondati da meraviglie! Le lezioni ai ragazzi delle elementari sono diventata un tema svolto con le parole e con le cose. Qui e altrove (ma non dovunque, io penso) è ancora possibile fare catechismo con le cose.
Ad un certo punto, questo ho fatto, ho aperto una finestra e mi è bastato allungare un braccio per strappare un piccolo ramo di un gran cedro che cresce nel giardino della scuola.
L’obliqua, verde palizzata delle foglioline di questo ramoscello riproponeva in miniatura la figura di un grande albero. Ecco, questa è una cosa presa per caso: una piccola meraviglia a portata di mano, non c’è che dire. Ed ora osserviamola bene! Giusto: si può solo osservare ed ammirare. Nessuno potrebbe fare una cosa del genere. Voi lo capire al volo; ma anche quelli che ci studiano sopra sono d’accordo nel dire che nessuno potrebbe fare una fogliolina come questa. Più facile fare un grattacielo.
Dentro le cose c’è pensiero e c’è amore. Chi dà il pensiero e l’amore se non una persona che pensa ed ama? Perché su questo si deve essere d’accordo: solo le persone possono pensare ed amare.
A questo punto ho invitato i ragazzi a mandare un compagno qualunque che si prestasse come esempio di “meraviglia”. Tanto per stare nell’ambito del caso, hanno fatto la conta. L’alunno cui è toccato in sorte di portarsi in mezzo all’aula è diventato tema di una elementare e divertente lezione di anatomia. Si è parlato degli occhi e della vista, degli orecchi e dell’udito, della bocca e della parola. Altro che ramoscello di cedro! I ragazzi osservavano il loro compagno come se lo vedessero la prima volta. Poi li ho invitati a portare qualcosa che avesse un po’ di meraviglia… Potevano anche scrivere o anche parlare di meraviglie che ci circondano, perché la lezione successiva dovevano costruirla loro.

L’arancia
Don Luciano ha preso un’arancia.
Prima ci fatto vedere il colore e la forma; poi l’ha sbucciata; le bucce che le ha fatte annusare. Poi l’ha divisa e ci è toccato uno spicchio per uno. I semi non l’abbiamo buttati via; lui li ha presi in mano e ci ha detto che tutti gli scienziati del mondo non potrebbero fare un seme di arancio. Ma neanche un chicco d’orzo!

Il tartufo e la ghianda
Qui, con i tartufi, c’è gente che fa qualche quattrinella. Il mio babbo dice che anche quello è una meraviglia, però non me lo da per portarlo a scuola. Allora ho portato una ghianda: vuol dire che invece del tartufo parleremo della ghianda!

… continua…

Don Luciano Marrucci

N.B.
Annuncio ai lettori che ci sarà un periodo di intervallo; la prosecuzione di questa lettera è rimandata a domenica 22 maggio p.v.

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