Ieri si faceva memoria di San Gregorio Magno, Papa e Dottore della Chiesa.Torna a sorprendermi, a insegnarmi ed a ammonirmi il brano tratto dalle sue omelie su Ezechiele che la Liturgia delle Ore ieri ci proponeva:
E' da notare che quando il Signore manda uno a predicare, lo chiama col nome di sentinella.
Chiunque è posto come sentinella del popolo deve stare in alto con la sua vita per poter giovare con la sua preveggenza.
Come mi suonano dure queste parole che dico! Così parlando ferisco me stesso, poiché né la mia lingua esercita come si conviene la predicazione, né la mia vita segue la lingua, anche quando questa fa quello che può.
Ora io non nego di essere colpevole, e vedo la mia lentezza e negligenza. Forse lo stesso riconoscimento della mia colpa mi otterrà perdono presso il giudice pietoso..
Certo, quando ero in monastero ero in grado di trattenere la lingua dalle parole inutili e di tenere occupata la mente in uno stato quasi continuo di profonda orazione.
Ma da quando ho sottoposto le mie spalle al peso dell'ufficio pastorale, l'animo non può più raccogliersi con assiduità in sé stesso, perché è diviso in molte faccende.
Era questo lo stralcio di una sua omelia. Vuol dire che così poteva parlare al popolo dalla cattedra di Pietro. Gregorio, grande anche per la sua umiltà.
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