Inoltre il quarto Vangelo si presenta profondamente radicato
nel giudaismo dell’epoca di Gesù.
Il teologo si sofferma sull’episodio di Gesù che viene condotto dai sommi Sacerdoti per l’interrogatorio: “Simon Pietro insieme ad un altro discepolo lo seguono per scoprire che cosa sarebbe successo. Dell’altro discepolo si dice ora: "Questo discepolo era conosciuto dal sommo Sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo Sacerdote”. “La cerchia dei discepolo si spingeva di fatto fino all’aristocrazia sacerdotale, il cui linguaggio è in gran parte anche quello del Vangelo”.
A questo punto Ratzinger si domanda: chi è l’autore di questo Vangelo? Qual’è la sia attendibilità storica?
“Dio nessuno l’ha mia visto: proprio il Figlio unigenito, che è il senso del Padre, lui lo ha rivelato” (1,18).
Come Gesù, il Figlio, conosce il mistero del padre stando nel suo seno, così l’evangelista ha, per così dire, ricavato la sua conoscenza dal cuore di Gesù, dal riposare sul suo petto. Dai tempi di Ireneo di Lione († 202 circa), la tradizione della Chiesa riconosce all’unanimità Giovanni di Zebedeo come discepolo prediletto e l’autore del Vangelo.
E’ possibile che fosse imparentato con la famiglia del sommo Sacerdote come sembra suggerire il testo (cfr. Gv. 18, 15)?
L’esegeta francese Henri Cazelles ha dimostrato, con una ricerca sociologica sul sacerdozio del tempio, che una simile identificazione è senz’altro plausibile.
Viene fuori l’ipotesi che Zebedeo, in qualche modo, apparteneva ad una classe sacerdotale.
Gli appartenenti alla classe sacerdotale prestavano il loro servizio a turno
per una settimana due volte l’anno. In pratica Zebedeo che svolge
il mestiere di pescatore che gli assicurava il sostentamento per sé e per la famiglia, poteva benissimo soggiornare per un breve periodo proprio a Gerusalemme dove plausibilmente era proprietario di un piccolo alberghetto. Questo locale sarebbe proprio rapportabile al cenacolo, il posto dove Gesù consumò l’ultima cena. Si scorge in Giovanni di Zebedeo quel testimone che difende solennemente la sua testimonianza oculare (cfr. Gv. 19, 35), identificandosi così come il vero autore del Vangelo.
...continua...
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