27 giugno 2013

Suggestioni di mistero a San Miniato

Buio come a Sant'Urbano

E' un detto sanminiatese ancora in uso per indicare un luogo scarsamente illuminato o addirittura privo di luce. Il riferimento va preciso alla Cappella di S. Urbano (che è parte dei sotterranei della Chiesa e del convento dei Domenicani). La Cappella, dipinta con ornati e figure, sia nella volta che nelle pareti, è indebitamente trascurata, se non addirittura ignorata, in ogni itinerario turistico, mentre conserva una connotazione storica la cui fosca suggestione non è inferiore a quella di alcuni sotterranei dei castelli della Loira.

Via Angelica

Lo sdrucciolo, prima praticabile, che portava verso Gargozzi partendo dalla piazza di San Domenico, ha un nome: via Angelica. Prima di aprirsi sulla campagna, sulla destra ha l’accesso a S. Urbano. Il portale è sormontato da una grande inferriata ben fissata in montanti di pietra. Precise testimonianze storiche definiscono la funzione di questo “locale notturno” (l’unico che abbia mai avuto questa città) le cui pareti sono rese ancora più cupe ed annerite dal fumo di candele e di fiaccole che hanno bruciato durante innumerevoli veglie.

Forca e mannaia

Ecco quanto è dato di leggere a pagina 140 della Guida Storico-Artistica di San Miniato del Canonico Giuseppe Piombanti (Tip. M. Ristori, San Miniato 1894): “Ufficiavano quest’antica cappella la compagnia di S. Urbano e quella del Corpus Domini (…) Avevano cappe e cappello neri. Il giorno prima della esecuzione, andava la compagnia al palazzo di giustizia, riceveva in consegna il condannato, alla sua residenza mestamente lo accompagnava e, provvedendo ai corporali e spiritual bisogni del misero, non lo abbandonava mai più. La mattina seguente a S. Maria a Fibbiastri (attuale Poggio di Cecio – n.d.r.) lo conducevano dove, assistito e confortato dal cappellano, gli era tagliata la testa. Se doveva essere impiccato, l’esecuzione si faceva a Gargozzi o presso il Pinocchio”.

Una veglia interminabile

La nota storica riguarda un costume di quattro secoli fa. Più recentemente una parte della popolazione, cercando scampo dalle cannonate e dalle mine, ha dimorato in questi luoghi dove mezzogiorno è uguale a mezzanotte e qui ha passato la sua “notte di San Lorenzo”. Ma la lugubre suggestione del posto rimane legata alle veglie di quei condannati scomparsi senza fantasma. Una notte che poteva bastare da sola a richiamare alla mente immagini e vicende di una vita intera. Per loro conforto o per loro tormento, la veglia diventava interminabile in un luogo dove la notte non aveva inizio e il giorno non trovava annuncio.

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